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19 febbraio 2020: Commemorazione Prof. Andrea Ragusa

Mercoledì, 19 Febbraio, 2020 - 11:00

Mercoledì 19 febbraio 2020 alle ore 11 si terrà nella Sala Conferenze del Dipartimento di Scienze Politiche e Internazionali (Presidio Mattioli, III piano) una breve cerimonia di commemorazione del compianto Prof. Andrea Ragusa, serio studioso, attento ricercatore e apprezzato docente di Storia Contemporanea.

Prenderanno la parola per un saluto il Prorettore dell’Università di Siena Prof.ssa Sonia Carmignani, il Direttore del Dipartimento Prof. Gerardo Nicolosi e il Prof. Giovanni Minnucci. Il profilo scientifico di Andrea Ragusa sarà tracciato dal Prof. Gianni Silei, curatore di una recente monografia con i suoi ultimi scritti.

Saranno inoltre presenti il Prof. Maurizio Degl’Innocenti, già docente del Dipartimento, di cui Andrea fu allievo affettuoso e riconoscente, e i familiari del Prof. Ragusa.

Al termine della cerimonia sarà collocata una targa nella Sala Lettura al primo piano della Biblioteca del Circolo Giuridico, luogo che Andrea frequentava assiduamente e che da quel giorno porterà per sempre il suo nome, come deliberato dagli organi accademici competenti.

Per Andrea Ragusa, Siena 19 febbraio 2020 - di Gianni Silei

Quello che mi accingo a compiere stamattina è per me un compito gravoso e doloroso perché ad Andrea Ragusa mi legava una amicizia più che ventennale. Per questo ho deciso di leggere il mio intervento e spero mi scuserete per questo. Spero di riuscire a ricordarlo e a parlare del suo percorso scientifico senza indulgere nella retorica. Andrea detestava la retorica e con essa ogni forma di supponenza essendo lui, invece, cultore di una ironia – e di una auto-ironia – straordinaria e spesso dissacrante.

Dico subito che coloro che, come me, hanno avuto il privilegio di conoscerlo davvero, e non solo nelle vesti di collega o di docente, sanno che il profilo scientifico che ho qui il compito di riassumere rappresenta solo una minima della sua personalità di uomo prima ancora che di studioso.

Ripercorrendo retrospettivamente la sua produzione scientifica balza subito agli occhi la ricchezza, la prolificità e la profondità del livello dei suoi studi. Eppure, chi ne avesse consultato il profilo biografico ufficiale, avrebbe colto solo in parte l’ampiezza dei suoi interessi culturali e lo straordinario impegno che dedicava tanto alla ricerca quanto all’insegnamento. Molti dei curricula che lui stesso redigeva erano asciutti, essenziali. Rappresentavano quasi lo specchio di un carattere in apparenza timido e introverso che tuttavia era solo un tratto esteriore del suo modo di essere.

Vent’anni è durato il percorso da lui compiuto come studioso e come storico.

Dopo un brillante percorso di studi superiori, Andrea Ragusa si era laureato in Scienze Politiche qui a Siena, nell’anno accademico 1997-98, presso l’allora Facoltà di Scienze Politiche, discutendo una tesi su Rinascita ed il dibattito politico-culturale nel Pci tra il 1975 e il 1976. Relatore di quella tesi era il professor Maurizio Degl’Innocenti, di cui Andrea fu prima allievo e poi collaboratore.

Quel lavoro, che avrebbe costituito il punto di partenza delle sue prime ricerche, ne mise subito in evidenza la curiosità intellettuale, il rigore e una meticolosità che avrebbero contraddistinto tutti i suoi lavori successivi. Iniziò subito a collaborare con la Fondazione di Studi Storici “Filippo Turati” di Firenze della quale sarebbe poi diventato negli anni una delle figure di riferimento del Comitato Scientifico prima e del Consiglio d’Amministrazione poi, rappresentandola, tra le varie cose, in molte conferenze e riunioni in Italia e soprattutto all’estero.

Proprio questa dimensione internazionale, che nasceva anche da una sua precisa volontà di non volersi rinchiudere in angusti orizzonti di ricerca, rappresentò fin da subito uno dei suoi tratti distintivi. Nel 1999 fu in Germania, a Bochum, dove si perfezionò con Klaus Tenfelde, e poi in Francia, all’Institut d’Histoire du Temps Présent e alla Sorbona, con Michel Trebisch.

Mentre era impegnato nel suo dottorato di ricerca pubblicò i suoi primi lavori, imperniati sull’analisi del discorso politico, in particolare interno alla sinistra italiana ed europea, e sull’analisi delle motivazioni ideali e culturali alla base dell’impegno politico e resistenziale in particolare degli azionisti. Fanno parte di questa sua prima produzione: Per una storia di “Rinascita” e Sulla generazione di Bad Godesberg. Sempre in questo periodo, Ragusa curò le Lettere e i documenti di Riccardo Lombardi dal 1943 al 1947 e, soprattutto, L’Antitaliano. Dall’azionismo all’élite di un’altra Italia, uscito nel 2000.

Nel 2002 conseguì il titolo di dottore di ricerca in “Teoria e Storia della modernizzazione e del cambiamento sociale” proseguendo quindi la sua linea d’indagine dedicata all’analisi del discorso politico dei partiti di massa. Questo suo rinnovato impegno sfociò nei due saggi I comunisti e la società italiana. Innovazione e declino di una cultura politica (1956-1973) e Il gruppo dirigente comunista tra sviluppo e democrazia. Tre capitoli sul centro-sinistra: dalle carte della Direzione del Pci, usciti rispettivamente nel 2003 e nel 2004. Il suo focus, a testimonianza della sua progressiva maturazione come studioso, si andò successivamente ampliando e sfociò nei successivi libri del 2006 e del 2008 intitolati I linguaggi della politica contemporanea e Profilo di storia della comunicazione politica in Italia

Nel 2005, appena trentunenne, divenne professore associato, continuando a coltivare nell’insegnamento e nei rapporti con gli studenti, tanto di quelli dei corsi di laurea quanto di quelli del Dottorato in Studi Storici, di cui divenne membro del Collegio dei docenti, quella stessa sensibilità, umanità, attenzione e rigore con cui si dedicava agli studi.

Ai suoi interessi sulla storia delle culture politiche e sulla comunicazione politica in età contemporanea si andò a questo punto affiancando quello per le politiche di gestione del patrimonio culturale. Terreno d’indagine originale, questo, che, dopo alcuni lavori preparatori, sfociò in due importanti monografie: Alle origini dello Stato contemporaneo. Politiche di gestione dei beni culturali e ambientali tra Ottocento e Novecento, del 2011 e soprattutto I giardini delle Muse. Uscito nel 2014, questo volume gli valse il premio della SISSCO, la Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea, per – cito dalla motivazione – “la capacità di trasferire nella ricerca storica domande stringenti del presente” e per aver dato “centralità a temi innovativi fino ad oggi ancora relativamente marginali nella pratica degli studi storici”.  

Partendo da questi contributi, Ragusa si mosse come ormai era solito fare ampliando l’orizzonte della propria analisi, spostando il focus dal contesto nazionale italiano alla dimensione internazionale e adottando un taglio comparativo. Questo approccio nasceva dalla volontà di interpretare il Novecento e il passaggio dalla modernità alla post-modernità – forse l’elemento che accomuna tutta la sua produzione scientifica – attraverso l’originale cartina di tornasole rappresentata dalla Cultural Heritage e dalle politiche ad essa connesse.

Fu anche per questo che, a partire dal 2014, i suoi impegni internazionali si andarono ulteriormente moltiplicando. Con essi, crebbero anche i contatti che intrecciò con singoli studiosi e gruppi di ricerca all’estero che ne testimoniano la riconosciuta autorevolezza in ambito scientifico. Alternò la collaborazione con alcuni istituti internazionali europei con la ricerca sul campo in biblioteca e in archivio – la cosa, ne parlavamo spesso, che più amava fare del nostro mestiere era sporcarsi le mani con la polvere dei documenti. Partecipò inoltre come relatore o keynote speaker a numerosi simposi internazionali. Fu a Londra, Berlino, Vienna (dove il suo intervento venne insignito di un importante riconoscimento) e poi in Europa Orientale: in particolare ad Albena e Sofia. Del Convegno di Sofia, dedicato al tema The Courage in Politics e incentrato sugli eventi ungheresi del 1956, la Fondazione di Studi Storici “Filippo Turati” sta per pubblicare gli atti in lingua inglese per cura di Ferenc Bodi, professore dell’Accademia ungherese delle scienze, e dello stesso Andrea Ragusa che fu tra i promotori e gli organizzatori. Nel 2017, insieme tra l’altro ad alcuni colleghi del Dispi e del Dispoc, fu a Città del Messico.

Nel frattempo, proseguiva l’attività all’interno della redazione della rivista di storia e storiografia contemporanea online “Storia e Futuro”, per la quale curò tra gli altri un inserto monografico speciale di grande spessore dal titolo Fare e leggere la storia. Le riviste di storia contemporanea in Italia che fornisce un’ampia riflessione intorno al problema delle nuove forme della conoscenza, della sua costruzione e della sua diffusione. A questo impegno presto si aggiunse anche quello nel Comitato di redazione della rivista “Ricerche Storiche”. Contemporaneamente proseguiva l’attività senese, all’interno del CISCAM, il Centro Interuniversitario per la Storia del Cambiamento Sociale (di cui divenne direttore) e soprattutto, sul piano della didattica, nell’ambito dell’insegnamento di Cultural Heritage and Public Diplomacy, attivato nel Corso di Laurea magistrale in Public and Cultural Diplomacy.

Quest’ultimo corso, al quale Ragusa dedicò fino all’ultimo moltissime delle sue energie, lo indusse ad approfondire ulteriormente le sue ricerche in questa direzione. Gli appunti che ha lasciato, il materiale didattico da lui distribuito, il confronto costante con studenti di un corso dal respiro internazionale (studenti che ogni volta non mancano di ricordarne la preparazione e l’umanità), lo testimoniano. Fu certo pensando a loro che, nel 2017, lavorò e pubblicò in lingua inglese Cultural Heritage in a Comparative Approach. In the Name of Aphrodite, un agile volume che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto rappresentare da un lato un utile compendio per coloro che frequentavano il suo corso e, nello stesso tempo, una prima messa a fuoco in vista di uno studio più ampio e documentato sul tema.

Tra il 2017 e il 2018 Ragusa iniziò ad incamminarsi lungo nuove linee di ricerca. Ad attirarne l’interesse fu adesso la storiografia, una rilettura critica del passato attraverso le varie chiavi interpretative, e la public history. Proprio attorno a quest’ultimo aspetto, che ne conferma l’attenzione rivolta al futuro della disciplina, sarebbe ruotato il suo ultimo lavoro edito: Il Patrimonio culturale e le prospettive del nuovo millennio: una storia pubblica per un pubblico inquieto? Questo saggio, uscito in un volume collettaneo su Public History, patrimonio storico e comunicazione digitale, conteneva anche, in nuce, il tema forte sul quale Ragusa si apprestava a cimentarsi con la consueta profondità di analisi e umiltà intellettuale ma anche con il piglio di studioso ormai maturo: “Al momento” – scriveva – “sto avviando un progetto di ricerca su Il ‘900 dopo il ‘900: immagini, rappresentazioni, letture di un secolo complesso: un tentativo di riflessione sul senso della storia nel momento attuale e sulla storicizzazione del passato più recente e la sua rappresentazione e divulgazione”. Un tema di grande rilievo e, tra l’altro, di straordinaria attualità.

Il nostro compito, adesso, è quello di non lasciare cadere il testimone che Andrea ci ha troppo presto idealmente consegnato. Degli atti in corso di pubblicazione del convegno da lui organizzato a Sofia ho già detto prima. Alcuni dei suoi scritti e discorsi dal 2015 al 2018 sono stati da poco raccolti nel volume Cultural Heritage and National Identity, uscito con la prefazione di Maurizio Degl’Innocenti, per la collana patrocinata dalla Fondazione di studi storici “Filippo Turati”. Sempre la Fondazione, d’intesa con la famiglia, ha bandito per l’anno una borsa di studio post-dottorale di 10.000 euro per studi sul patrimonio culturale, sulle politiche di tutela e gestione dei beni culturali, ambientali, paesaggistici in età contemporanea e per studi sulla comunicazione e sulle culture politiche dal XIX secolo ai giorni nostri.

La risposta al bando è stata ampia e qualificata: sono stati presentati ben 21 progetti da parte di giovani ricercatori, tutti giudicati di notevole livello. Per questo motivo, la Fondazione, su proposta della Commissione per la valutazione delle domande, composta da professori ordinari, oltre alla borsa ha deciso di attribuire due ulteriori premi aggiuntivi. La Fondazione Turati confida di rinnovare l’impegno per una ulteriore borsa in memoria di Andrea Ragusa per il prossimo anno.

L’intitolazione della Sala Lettura del primo piano della Biblioteca del Circolo Giuridico è un omaggio nei suoi confronti denso di significati. Quella sala, come molti sanno, è uno dei luoghi che Andrea più amava: essa rappresentava per lui un vero punto di riferimento.

Il testo della targa che lo ricorda riporta una frase di Marc Bloch: “Il mondo appartiene a coloro che amano cose nuove”. Andrea stesso si era appuntato questa frase e per questo è stata scelta. Queste parole, di un grande storico, lo avevano colpito. Io credo anche che in qualche modo lo rappresentino.

A ben rivederci, Andrea